Un’analisi di come sono cambiati il consumatore e la comunicazione nel tempo.
Come è cambiato il consumatore
Cosa rende diverso il consumatore da un compratore razionale di un bene?
Il consumatore forse non è mai stato al 100% razionale, anche quando per il marketing ancora agli albori era considerato così.
Il consumatore forse non è mai stato una macchina d’acquisto fredda e calcolatrice e se il marketing credeva che egli fosse così è solo perché sia il consumatore che il marketing dovevano maturare, crescere, istruirsi.
Da quando è cambiata la società attorno a lui è cambiato anche il consumatore e tutto ciò che di umano e di latente c’era in lui si è palesato.
Se nel periodo compreso tra gli anni ’20 e gli anni ’60, quando il marketing aveva come strumento la pubblicità con funzione informativa, perché il prodotto sostanzialmente “si vendeva da solo”, in quanto vi era la necessità di soddisfare i bisogni e nel secondo dopoguerra, con la ripresa economica vi era abbondanza di risorse, qualcosa successivamente è cambiato, dettando le leggi di ciò che stiamo vivendo anche oggi.
Il consumatore era visto come essere razionale che soddisfaceva i propri bisogni in modo lineare, senza emozioni. Era considerato ricettore degli stimoli, le emozioni erano solo una forma di rumore di sottofondo, non facevano parte dello studio sul consumatore stesso, egli analizzava gli stimoli (pubblicitari) che recepiva e ragionava in modo matematico.
Dagli anni ’70 del secolo scorso nasce un’idea di consumatore nuova, che tiene conto di processi decisionali d’acquisto più complessi.
Cambia l’approccio con il quale si definisce la consumer behaviour, il comportamento del consumatore non è più definito come ragionale e logico. Vi è il paradigma della postmodernità.
Il consumatore non acquista per soddisfare un bisogno (devo asciugarmi i capelli: acquisto un phon), bensì consuma per soddisfare un piacere personale, gratificarsi, distinguersi o appartenere.
Questo spiega l’evoluzione dello shopping, la realizzazione di punti vendita sempre più attrattivi e la conseguente nascita della consumosfera, l’ambiente nel quale si esprimono al meglio le sorgenti di stimolo per il consumatore come in un negozio di Abercrombie, Lush o un Apple Store (Mauro Ferraresi).
Non si acquista più per risolvere un problema ma per affermare sé stessi, differenziarsi o appartenere.
Ora l’acquisto di beni e servizi non si fa per risolvere un problema, ma appagare e soddisfare sé stessi.
Ecco come si delineano variabili psicografiche in costante mutamento, orientamenti al consumo diversi, bisogni frammentati, opposti, culture e controculture e insiemi di valori totalmente diversi tra un consumatore ed un altro.
Facciamo un flashback per un attimo. Se nel passato una persona aveva bisogno di pranzare, un pasto con del pane e un uovo, oppure una minestra in una trattoria erano più che sufficienti, oggi il consumatore è indeciso tra il vegetariano, il vegano, il thailandese, il cinese, il sushi, la pizza, l’hamburger, la steakhouse e potrei continuare la lista a lungo.
Tutto in coerenza con ciò che abbiamo detto su un consumatore che non mangia per riempirsi lo stomaco, ma per provare esperienze, appagare sé stesso, in coerenza con i suoi valori, i suoi gusti e con la sua cultura di consumo.
Come è cambiata la comunicazione
Se lo spartiacque per il consumatore si può identificare durante il periodo degli anni ’70 dovuto a una serie di fenomeni storici, possiamo affermare che il concetto nuovo di comunicazione di marketing sia stata ridisegnata negli anni ’90.
In questo periodo ci sono dei cambiamenti epocali che non solo riguardano la comunicazione, ma che naturalmente non possono non coinvolgerla.
Parliamo di globalizzazione e di un cambiamento radicale delle tecnologie dell’informazione, che hanno generato un mondo connesso.
Prima degli anni ’90, fino a circa 50 anni prima, gli strumenti per fare comunicazione di marketing erano la pubblicità (stampa, radio, tv, affissioni), promozioni, direct marketing, pubbliche relazioni e vendita door to door.
Dall’impresa, grazie ai canali gestiti da lei o nei quale essa acquista degli spazi, partono le comunicazioni verso i consumatori.
La parola d’ordine era IMC (Integrated Marketing Communication), una comunicazione integrata, coordinata, uno stesso messaggio chiaro e coerente applicabile ai vari media disponibili.
Le cose cambiano quando internet inizia ad essere utilizzato come strumento pubblicitario: banner, pop-up, call to action e così via, per generare clic, far entrare nel sito le persone per far conoscere loro il prodotto o il brand.
I media che si usavano prima ci sono ancora, solo sono rinnovati e diversi. Cambiano gli usi e gli scopi dei media stessi. Sono cambiati i budget stanziati per ogni tipo di media, si parla in fatti di era post-televisiva, poiché si passa sempre meno tempo in modo passivo davanti alla televisione, mentre viene incrementato il tempo speso nei social network.
Basti pensare a quando guardiamo la televisione e condividiamo il film che stiamo guardando su Facebook, poi passiamo a vedere le nuove storie su Instagram delle persone che seguiamo mentre, con il tablet sulle gambe abbiamo l’app di Booking per sognare la nostra prossima vacanza.
L’advertising come lo conoscevamo negli anni ’90 perde sempre più significato fa spazio a nuovi modi di comunicare.
Siamo sempre più bravi a non vedere la pubblicità.
Come fare allora per chi si occupa di marketing?
Se la parola broadcast perde significato un’altra parola deve prenderne il posto. Se broadcast è legata alla “massa”, poiché un messaggio uguale per tutti viene emanato in modo univoco, la personalizzazione del messaggio è la tendenza opposta.
I marketers studiano il comportamento degli individui tenuto online per proporre loro delle comunicazioni e delle offerte personalizzate.
Muta il concetto di transazione economica: il consumatore e l’azienda non sono più due soggetti su due piani differenti dove dall’alto viene mandato un prodotto con relativa comunicazione e dal basso viene acquistato.
Nasce un concetto di reciprocità, dialogo, interattivo e sincero.
Colpire mille consumatori con un’indistinta campagna ha sempre meno effetto, si cerca invece la personalizzazione, l’analisi di una piccola nicchia e la fidelizzazione della stessa.
Non c’è più un rapporto di cacciatore-preda con l’impresa bensì un rapporto.
La comunicazione con internet cambia. Il comportamento del consumatore non è più quello di mero fruitore, oggi il consumatore ha tutti gli strumenti (social network, mail, app di messaggi, app per creare contenuti, blog, forum) per condividere, commentare, produrre contenuti.
La nuova comunicazione di marketing è sempre definibile come IMC (Integrated Marketing Communication), poiché l’impresa deve veicolare dei messaggi con una coerenza di fondo e di comune significato, ciononostante la sfida oggi è trovare equilibrio tra i tanti media disponibili capaci di raggiungere i consumatori.
Al paradigma IMC di una comunicazione coordinata su vari media, molti di più rispetto a quelli presenti in passato, si aggiunge la necessità di una comunicazione di dialogo coerente con l’azienda, poiché il nuovo marketing è fatto di ascolto, dialogo con il consumatore, passaparola.
Comunicare a scopo di marketing oggi è anche dialogare con il consumatore, quindi una sfida maggiore è quella di utilizzare un linguaggio coerente e di significato comune anche nel dialogo, per gestire questa multicanalità in modo efficiente ed efficace.
Fonti: Maurizio Masini – Marketing e Comunicazione. Strategie, strumenti, casi pratici.